(…) Esili foglie, magri rami, cavo
tronco, distorte barbe, piccol frutto,
ecco, e un nume ineffabile risplende
nel suo pallore! (…)
L’Ulivo
Da Alcyone di Gabriele D’Annunzio
Se il mito è la fiaba con cui gli uomini si tramandano la verità attraverso i millenni, allora l’olivo ed i suoi frutti sono davvero tra i protagonisti della nostra storia.
Ci viene raccontato della comparsa di questa pianta sacra almeno seimila anni fa e del suo “addomesticamento” nelle terre dell’Asia centrale, prima che questa trovi diffusione nel mondo mediterraneo ed invada le ritualità e le simbologie dei tanti culti di cui questo territorio è sempre stato ricco.
La magnificenza, la sacralità, la fertilità, la castità, la rinascita, l’inviolabilità e la capacità di resistere alle offese del tempo e la forza sono soltanto alcuni dei significati che legano l’olivo alla cultura egizia, ebraica, greca, romana e cristiana.
Ne sono segnati i testi sacri dei profeti e ne cantano i poemi dei poeti di queste civiltà. La colomba porta a Noè un ramo d’olivo per annunciargli la fine del diluvio e per suggellare la nuova alleanza tra il Dio degli Ebrei ed il suo popolo eletto.
I Cristiani si danno rami d’olivo benedetto la domenica delle palme prima della loro Pasqua di Resurrezione e a testimonianza della Pace e ancora usano l’olio nell’impartire il sacramento della Cresima, dell’Ordinazione Sacerdotale e dell’Estrema Unzione, mentre la Chiesa Cristiana Ortodossa lo usa anche per la celebrazione del battesimo.
Cristo, l’attributo divino con cui i Cristiani designano Gesù, vuol dire “unto”.
Seth, il figlio di Adamo, mise i tre semi ricevuti dall’Angelo del Signore (un Cherubino) nella bocca del padre morto e, così, sul monte Tabor, dove Adamo era stato sepolto, nacquero l’albero del cedro, il cipresso e l’olivo.
I Romani ed i Greci donavano corone intrecciate con rami di olivo ai loro compatrioti più valorosi. Quando Atena gareggiò con Poseidone per decidere chi tra loro due dovesse diventare il protettore della città di Atene fece dono a questa dell’olivo e della sua cultura. Così vinse.
Per gli Egizi è Iside, la sposa di Osiride, ad ammaestrare gli uomini sulla coltivazione dell’olivo e rami d’olivo troviamo effigiati nel tempio di Ramsete II.
Quando la sovranità era ancora una manifestazione della volontà divina, il potere dei re e la sua attribuzione avvenivano quasi sempre in relazione con una qualche unzione e lo stesso scettro, il più evidente tra i simboli della regalità, era fatto con il legno dell’olivo.
Anche Romolo e Remo ebbero la loro genitura sotto la protezione di questa sacra pianta.
Larga parte in questa storia simbolica dell’olio ha anche la magia popolare con i suoi rituali per entrare in possesso di capacità straordinarie che permettono di cambiarsi in una bestia o di volare o, più semplicemente, di scoprire un malocchio.
La storia
Quando gli Egizi, i Fenici (e quindi i Cartaginesi), avevano fatto, già da molti secoli, della coltivazione e del commercio dell’olio d’oliva una delle basi più consistenti dell’economia dei popoli del Mediterraneo, i Greci trasferirono nelle loro colonie italiane i molteplici usi dell’olio d’oliva e soprattutto la sua coltivazione sistematica.
Certo è che gli scambi (ed i conflitti) tra Etruschi e Greci (in quel mirabile punto di intersezione che fu la valle del Tevere nell’VIII secolo avanti Cristo) non potevano prescindere dall’olio di oliva, tanto che in alcuni momenti questo divenne sia unità di misura che vera e propria moneta, come capitò al sale
E possiamo con facilità immaginare confronti tra i diversi tipi di olio d’oliva e gli inevitabili e così familiari campanilismi che ancora oggi fanno parte del nostro mondo.
La storia dell’olivo nei primi secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente è quella di una produzione e di un commercio estremamente localizzati e finalizzati all’autoconsumo, questo fintantoché permane il trauma delle invasioni barbariche e delle, probabilmente, più devastanti guerre di riconquista bizantine.
Dopo saranno i possedimenti dei feudatari e quelli delle abbazie a stimolare una coltivazione di nuovo organizzata su scala più ampia. Le rotte commerciali riaperte e mantenute vive da Genovesi, Pisani e Veneziani faranno rifiorire il mercato dell’olio in tutta l’area mediterranea. A causa delle guerre e delle pestilenze e la presenza sempre più invasiva della potenza inglese che sposta l’asse commerciale dal Mediterraneo al Mare del Nord, nonché la menomazione strategica che colpisce la Repubblica di Venezia con la perdita di Cipro, la coltivazione dell’olivo nella Penisola subisce un rallentamento proprio nel Seicento che è, notoriamente, il vero medioevo italiano (eccezion fatta, forse, per la Toscana e la Sardegna). Comunque nel XVIII secolo il nostro olio d’oliva è, ancora una volta, presente in tutta Europa e quasi ognuno dei tanti Stati in cui è divisa ancora l’Italia ne intensifica, promuove e protegge la coltura.
Quanto questa pianta sia importante per le nostre regioni lo possiamo vedere oggi: viaggiando per le strade che attraversano la nostra terra unendo paesi e contrade connotati da preziose diversità, fermandoci a guardare senza fretta, vedremo bene quanto il paesaggio italiano sia stato condizionato dalla coltivazione e dalla lavorazione dell’olivo.