Domanda retorica: l’olio da usare in cucina è senza dubbio l‘olio extravergine di oliva! Il perché lo possiamo dedurre dalle differenze che troviamo tra i vari oli che qui di seguito descriviamo:

Olio extravergine di oliva o olio EVO:

Bassissima acidità con un grado inferiore allo 0.80% su 100 g di prodotto. L’acidità è uno dei parametri attraverso il quale si misura la qualità dell’olio extravergine d’oliva. Più esso è basso, migliore è l’olio

L’olio EVO si ottiene soltanto dalla spremitura delle olive che devono esser molite sane e fresche, dopo essere state raccolte al giusto grado di maturazione, con un sistema che si chiama brucatura (raccolta a mano) e spremute a bassa temperatura (a freddo, circa 27°) tra le 12 e le 24 dopo la raccolta. Ha un sapore leggermente piccante che rileva la presenza di polifenoli (sostanze antiossidanti, benefiche per il nostro organismo, ma anche di protezione per l’olio stesso, perché ne evita l’ossidazione).

Olio vergine di oliva:  

È un olio di seconda scelta con un grado di acidità intorno al 2% su 100 g di prodotto. Non è un olio extravergine poiché in genere è costituito dal 90% di olio raffinato con l’aggiunta di olio vergine (max 10%). Lo si ottiene unendo oli raffinati (cioè che hanno subito trattamenti chimici in laboratorio) con olio d’oliva vergine. Il sapore risulta leggero e questo può ingannare facendo supporre che sia buono perché lo riteniamo meno grasso. Ahimè, purtroppo è solo un olio ottenuto in laboratorio.

Olio lampante: 

Qui siamo con un grado di acidità superiore al 2% e non può essere messo in commercio. Esso è il risultato dell’ultima spremitura della pasta d’oliva (quella che rimane dopo aver ricavati l’olio extravergine e l’olio vergine). Spesso viene venduto dopo essere stato rettificato in laboratorio, attraverso la miscelazione con una percentuale di olio vergine di oliva e così diventa olio d’oliva rettificato. Il suo nome deriva dal fatto che, a partire dal XVII secolo, veniva utilizzato per alimentare le lampade da illuminazione

Olio raffinato

Per ridurre gradi di acidità elevati, odori sgradevoli e migliorarne il colore, l’olio lo si sottopone a trattamenti chimici utilizzando persino soluzioni di soda caustica. Lo si miscela infine con una percentuale di olio vergine di oliva per poterlo immettere in commercio.

Olio di sansa:

Si chiama così perché è ricavato dalla sansa, l’ultimo residuo che avanza dopo la spremitura. Anche qui per immetterlo in commercio viene raffinato e miscelato con oli di prima o seconda scelta.

Olio di “CARTA”:

È detto così perché fa riferimento ad una produzione fittizia di olio extravergine d’oliva che risulta solo da false fatturazioni per un prodotto inesistente. Questa pratica illecita spiega, almeno in parte, come sia possibile che la quantità di olio extravergine di olive venduto come italiano è superiore a quella prodotta. Queste produzioni fittizie fanno in modo che si introducano in Italia oli d'oliva stranieri, poi immessi in commercio come oli di origine italiana. Questo fenomeno in passato ha raggiunto volumi notevoli; dal 1° luglio 2011 con l’applicazione del registro del SIAN (Servizio Informativo Agricolo Nazionale) e alla legge "salva olio" n. 9/2013, si stima che il fenomeno si sia abbastanza ridotto.

 

 

L’elenco sarebbe ancora lungo, ma questo basta per comprendere che la scelta per una sana alimentazione non può che rivolgersi all’olio extravergine d’oliva. L’olio EVO ha caratteristiche organolettiche e nutrizionali importanti per la nostra salute e costituisce un elemento insostituibile per il fabbisogno giornaliero di grassi fondamentali per la nostra dieta. Usarlo anche per i fritti è un’ottima scelta, perché il suo punto di fumo (che è la temperatura oltre la quale l’olio diventa tossico) è di 210°, molto più alto dell’olio di mais o girasole che si ferma a 130° o quello di semi di arachidi a 190°.